Gli investitori tendono spesso a cercare schemi ricorrenti – qualcosa nel passato che possa dare un’indicazione di ciò che accadrà in futuro. E con l’Intelligenza Artificiale (IA) sotto i riflettori, in molti cercano di capire quale impatto potrà avere sull’azionario e, più in generale, sull’economia.
Il copione tipico delle nuove tecnologie segue più o meno questo andamento: vengono sviluppate innovazioni con il potenziale di trasformare la società; l’entusiasmo cresce rapidamente; grandi capitali affluiscono nel settore, consentendo lo sviluppo delle opportunità. Poi, però, i tempi si rivelano più lunghi del previsto. Troppi capitali inseguono i rendimenti, si crea capacità produttiva in eccesso, le aspettative di crescita slittano e la redditività viene rimandata. Segue una fase di selezione con vincitori e vinti. Alla fine, la nuova tecnologia produce un impatto significativo sull’economia, talvolta persino superiore alle attese iniziali, ma non tutti gli investitori della prima ora ne beneficiano. I boom ferroviari di fine ’800 e quello delle telecomunicazioni a cavallo tra anni ’90 e 2000 sono gli esempi più citati.
Guardando all’IA, sorgono quindi alcune domande cruciali. Sarà questo l’andamento anche per gli investimenti in IA? Se sì, a che punto siamo del processo? Chi saranno i vincitori e chi i perdenti? E perché potrebbe andare diversamente?
A prima vista, l’esperienza dell’IA sembra ricalcare lo schema storico. L’interesse è enorme – basta guardare i titoli dei giornali. Tutti parlano di come l’IA possa trasformare le imprese, nel bene e nel male.
Gli investimenti sono stati massicci, e sembrano destinati a crescere ancora. Il grafico qui sotto, pubblicato dal Financial Times, mostra i capital expenditure di alcuni dei principali hyperscaler – grandi aziende tecnologiche come Alphabet, Amazon, Microsoft e Meta che stanno investendo, soprattutto in data center, per alimentare la rivoluzione dell’IA.